Ha senso l'autolisi prolungata?

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Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda nicodvb » 29 ott 2009, 10:16

Ciao,
ogni volta che incontro l'autolisi leggo di lasciarla durare dai 30 ai 60 minuti, ma mi chiedo se ha senso farla durare più a lungo, magari tutta la notte.
O rischia di inacidire?

E un'autolisi liquida, come un poolish?
Ultima modifica di nicodvb il 29 ott 2009, 11:03, modificato 1 volta in totale.
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Re: Ha senso l'autolisi molto prolungata?

Messaggioda Luciana_D » 29 ott 2009, 10:46

In rete ho trovato questa risposta nelle FAQ di un molino

Cos'e' l'autolisi?
Il sostantivo “lisi” deriva dal greco “lysis” = scindere; la definizione chimica è: “scissione enzimatica di una sostanza”. L’autolisi è una tecnica di produzione del pane che si pratica miscelando una quantità di acqua e farina che servirà per completare l’impasto e che si lascia riposare per circa 30 minuti. L’autolisi, applicata alla panificazione, serve soprattutto per migliorare la lievitazione. Il metodo, infatti, dona morbidezza all’impasto, migliora il volume e determina un più rapido impastamento, poiché la pasta risulta più liscia in funzione della “lisi” che ha subito la maglia glutinica.


Come vedi anche i professionisti non vanno oltre i 30'

E un'autolisi liquida, come un poolish?


Che senso avrebbe? visto che l'autolisi si fa quando tutti gli ingrediento sono uniti ,meno il sale
La risposta alla tua domanda sta nella sperimentazione.
Prova e poi ci dirai cosa succede e se hai avuto qualche miglioramento/peggioramento nel prodotto finale.
Luciana
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Re: Ha senso l'autolisi molto prolungata?

Messaggioda nicodvb » 29 ott 2009, 10:51

eppure... guarda che ho appena trovato:
http://profumodilievito.blogspot.com/20 ... lunga.html

Farla come poolish non potrebbe servire ad accelerarla? In forma liquida tutto procede più velocemente, mi chiedevo se anche l'autolisi potesse procedere più spedita in questo modo, magari più intensamente a parità di tempo.
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Re: Ha senso l'autolisi molto prolungata?

Messaggioda Luciana_D » 29 ott 2009, 11:05

nicodvb ha scritto:eppure... guarda che ho appena trovato:
http://profumodilievito.blogspot.com/20 ... lunga.html

Farla come poolish non potrebbe servire ad accelerarla? In forma liquida tutto procede più velocemente, mi chiedevo se anche l'autolisi potesse procedere più spedita in questo modo, magari più intensamente a parità di tempo.

Se autolisi e' sinonimo di riposo allora lo e' anche quello di Adriano,ossia le sue due bighe le lascia riposare,altrimenti non so se e' corretto definirla autolisi .
Da quello che ho capito si chiama autolisi un impasto formato da tutta la farina e la parte liquida,il lievito e l'eventuale biga o poolish lasciata riposare per i canonici 30'.... non essendo esperta potrei anche avere capito fischi per fiaschi.

Scusami l'intreccio di parole perche' a questo punto ho anche le idee intrecciate di brutto :lol:
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda nicodvb » 29 ott 2009, 11:14

e chi non ce l'ha intrecciate? :D
Sì, di fatto è un periodo di riposo fatto con sola acqua e farina. Bisogna capire se ha degli effetti collaterali se fatto troppo a lungo.
Spero che non comporti quella bruttissima mollica piena di buconi per la quale molti farebbero follie, che io detesto :lol:
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Re: Ha senso l'autolisi molto prolungata?

Messaggioda giornalista.cuoco » 29 ott 2009, 14:05

La parola greca λύσις andrebbe, per rendere meglio l'idea, tradotta con «distruzione», o meglio ancora «denaturazione». Ieri per esempio la dietista mi diceva che in una dieta dimagrante l'obiettivo è la lipo-lisi (cioè il bruciare i grassi), mentre è elevato il rischio di proteo-lisi (perdita della massa magra). Auto-lisi signfiica dunque autodistruzione, anche se questo termine è un po' improprio in àmbito scientifico (dato che nulla si crea e nulla si distrugge).

L'autolisi, contrariamente a quanto dichiarato da Luciana (sei stata poco attenta nei giorni scorsi, eh? :P :wink: ), normalmente si pratica con tutti gli ingredienti tranne sale e lievito. A causa dell'autolisi la maglia glutinica si rafforza (cioè si infittisce e si irrigidisce) e questo migliora l'assorbimento della farina e l'incordamento, ragion per cui a volte l'autolisi si fa solo con parte dei liquidi. D'altro canto, l'autolisi spesso si fa per migliorare il rendimento di farine non troppo forti, per cui non avrebbe senso farla con un quantitativo di liquidi troppo distante da quello finale, altrimenti si rischia di vanificarla. Leggo spesso che il lievito viene incorporato disciolto in un po' d'acqua prelevata da quella complessiva, ma credo sia più per una questione di praticità (se si tratta di lievito di birra, fresco o liofilizzato, o biga o pasta madre solida o a scaglie, risulta difficile e piuttosto scomodo incorporarli, mentre la pasta madre in coltura liquida, il poolish oppure il lievito di birra o la pasta madre solida disciolti in acqua richiedono un rapido rimpasto con il quale potremo essere sicuri che i lieviti si saranno distribuiti bene per tutta la massa).
Tutte le fonti che abbia mai consultato parlano di autolisi brevi (di solito mezz'ora), tranne Adriano Continisio e tatino di questo forum (Salvatore), che hanno parlato di autolisi lunga per fare la baguette (ricordi, Nico?).

Il motivo per cui nella massa non si aggiunge il lievito è, probabilmente, quello di evitare che si attivino processi fermentativi che andrebbero a concorrere con l'autolisi (che credo sia determinata dall'attività enzimatica), influendo in qualche modo su di essa. Se l'autolisi si verificasse anche aggiungendo lievito, tutti gli impasti con metodo diretto realizzati in non meno di venti minuti andrebbero in autolisi, quindi neanche staremmo qui a parlarne, non vi pare?

Sull'autolisi di masse liquide pensavo anch'io qualcosa una di queste sere. Ricordo di una discussione sulla pizza senza impasto della famosa Paoletta S., se non ricordo male sul forum di Gennarino, nella quale si diceva che probabilmente la sua miscela, anche se impastata pochissimo, risultava incordata dopo il riposo a causa dell'autolisi. Si trattava di una miscela ad alta idratazione, dunque diversa dalle masse che normalmente si preparano per l'autolisi, dure e asciutte come bighe. Nella discussione mi pare fosse intervenuto Adriano, con il quale potremmo provare a ragionare per arrivare a una conclusione. Io dal canto mio credo che aggiungere altra farina a una massa liquida che ha fatto autolisi significa che il processo avrà riguardato solo la parte iniziale di farina e non quella totale, dunque non vedo quanto senso possa avere questa cosa. Non so se mi spiego.
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda nicodvb » 29 ott 2009, 18:16

Ora che me lo rammenti ricordo che anche nella ricetta di Tatino è prevista un'autolisi prolungata.

Concordo con te sull'impossibilità di avere l'autolisi con il lievito, almeno con lieviti veloci (magari, invece, funziona con quantità piccole di lieviti naturali, data la loro lentezza).

Il grosso dubbio che ho sull'autolisi estesa riguarda il potenziale indebolimento delle farine: come sappiamo il grosso ostacolo alle lievitazioni lunghe è dato dall'attività della (o delle?) proteasi, che a rigor di logica agirà tanto più incisivamente quanto più tempo avrà a disposizione. Se è così serviranno farine forti per una panificazione con questa tecnica, cosa che -guarda caso- rientra nelle caratteristiche delle farine usate da Adriano per le sue baguette.

Sbaglio?

Per quanto riguarda l'autolisi di una massa semiliquida penso (o meglio spero) che possa sortire un effetto maggiore sulla stessa quantità di farina a parità di tempo, in modo da avvertirla maggiormente nel lievitato finale. Poi magari si può fare un po' meno idratata di un poolish in modo da coinvolgere quasi tutta la farina, come fa Paoletta.
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda giornalista.cuoco » 29 ott 2009, 19:31

nicodvb ha scritto:Ora che me lo rammenti ricordo che anche nella ricetta di Tatino è prevista un'autolisi prolungata.

Credo sia prevista nella ricetta di Eric Kayser, su cui si basa per grandi linee la sua.

nicodvb ha scritto:Concordo con te sull'impossibilità di avere l'autolisi con il lievito, almeno con lieviti veloci (magari, invece, funziona con quantità piccole di lieviti naturali, data la loro lentezza).

Impossibilità direi di no, perché Paoletta quando ha inventato la pizza senza impasto non sapeva neanche l'autolisi cosa fosse e non ha messo acqua e farina riposare da sole. Peraltro quella sua ricetta prevede una quantità di lievito tutt'altro che piccola. Semplicemente, in quella discussione chiedeva come fosse possibile che il suo impasto, pur essendo così idratato e non incordato nel momento in cui veniva realizzato, si incordava magicamente da solo dopo un breve periodo in cui non veniva lavorato. Qualcuno ‒ e se non ricordo questa tesi fu pronunciata o quantomeno confermata dal Continisio ‒ disse che probabilmente l'incordamento era dovuto a un processo autolitico. Dunque, evidentemente, l'autolisi avviene anche in presenza dei processi fermentativi. Ovviamente, però, avviene in misura ridotta: non possiamo dunque considerare che qualsiasi impasto a lenta lievitazione naturale sia andato in autolisi.

nicodvb ha scritto:Il grosso dubbio che ho sull'autolisi estesa riguarda il potenziale indebolimento delle farine: come sappiamo il grosso ostacolo alle lievitazioni lunghe è dato dall'attività della (o delle?) proteasi, che a rigor di logica agirà tanto più incisivamente quanto più tempo avrà a disposizione.

L'attività della proteasi è essenziale perché se le proteine non venissero scisse avremmo un prodotto indigeribile. Ecco perché le lunghe lievitazioni sono preferibili a quelle brevi: oltre alla lievitazione avviene la maturazione, durante la quale grazie all'attività amilasica e proteasica l'impasto viene parzialmente predigerito e migliora nelle caratteristiche tecnologiche e organolettiche. D'altro canto, la rilavorazione di un impasto 'crollato' favorisce la ricostruzione della maglia glutinica, cioè vanifica, almeno in parte, il lavoro della proteasi. Siccome generalmente la massa che ha subìto l'autolisi viene almeno leggermente rimpastata, a causa dell'aggiunta del lievito e degli ingredienti terzi rispetto all'acqua e alla farina (ad esempio con il babà e il savarin è questa la fase in cui si aggiungono burro e zucchero), questo problema dovrebbe essere compensato dal fatto che rimpastando si sviluppa di nuovo il glutine, ridonando all'impasto l'eventuale elasticità che ha perso (forse è proprio per questo che assorbe di più?). Peraltro so che uno degli scopi dell'autolisi è esattamente il contrario di questo, cioè come dicevo quello di migliorare assorbimento e incordamento, dunque non credo che favorisca l'indebolimento, ma al contrario serve per il rafforzamento. Non so quale sia il motivo perché so solo che l'autolisi è il processo per il quale una cellula o un organismo distrugge (denatura, scompone o come vogliamo dire) sé stesso, ma non so, all'interno della farina, quali elementi siano interessati da questo processo.
A proposito di processi enzimatici, caro Nico, come ti dissi tempo fa avevo notato che gli impasti realizzati con la pasta madre (nel caso di specie in coltura liquida) resistevano più a lungo di quelli fatti con lievito di birra, anche in quantità tali da determinare una fermentazione lentissima. In effetti questo spiegherebbe anche come è possibile che il pane toscano tradizionale sia fatto con farine relativamente deboli. Si è parlato del fatto che la pasta madre rallenta l'attività amilasica. A pensarci bene questa cosa non c'entra niente, poiché l'amilasi scompone gli amidi, che sono glucidi, non le proteine. Hai approfondito la questione?

nicodvb ha scritto:Poi magari si può fare un po' meno idratata di un poolish in modo da coinvolgere quasi tutta la farina, come fa Paoletta.

Paoletta, in quella ricetta, non usa volontariamente l'autolisi.
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda nicodvb » 30 ott 2009, 12:38

giornalista.cuoco ha scritto:L'attività della proteasi è essenziale perché se le proteine non venissero scisse avremmo un prodotto indigeribile. Ecco perché le lunghe lievitazioni sono preferibili a quelle brevi: oltre alla lievitazione avviene la maturazione, durante la quale grazie all'attività amilasica e proteasica l'impasto viene parzialmente predigerito e migliora nelle caratteristiche tecnologiche e organolettiche. D'altro canto, la rilavorazione di un impasto 'crollato' favorisce la ricostruzione della maglia glutinica, cioè vanifica, almeno in parte, il lavoro della proteasi. Siccome generalmente la massa che ha subìto l'autolisi viene almeno leggermente rimpastata, a causa dell'aggiunta del lievito e degli ingredienti terzi rispetto all'acqua e alla farina (ad esempio con il babà e il savarin è questa la fase in cui si aggiungono burro e zucchero), questo problema dovrebbe essere compensato dal fatto che rimpastando si sviluppa di nuovo il glutine, ridonando all'impasto l'eventuale elasticità che ha perso (forse è proprio per questo che assorbe di più?).


per la verità io finora ho osservato un comportamento diverso: è vero che dopo un po' di tempo l'impasto rilavorato riprende corda perché il glutine si riforma, ma se sono passate delle ore la coesione della massa è molto più debole, al punto che l'impasto perde consistenza, diventa molto più umido di prima e lo vedi sbrindellarsi sotto le tue mani (la superficie si lacera già dopo pochi minuti dalla fine dell'impasto). Insomma, il glutine perde resistenza.

giornalista.cuoco ha scritto:A proposito di processi enzimatici, caro Nico, come ti dissi tempo fa avevo notato che gli impasti realizzati con la pasta madre (nel caso di specie in coltura liquida) resistevano più a lungo di quelli fatti con lievito di birra, anche in quantità tali da determinare una fermentazione lentissima. In effetti questo spiegherebbe anche come è possibile che il pane toscano tradizionale sia fatto con farine relativamente deboli. Si è parlato del fatto che la pasta madre rallenta l'attività amilasica. A pensarci bene questa cosa non c'entra niente, poiché l'amilasi scompone gli amidi, che sono glucidi, non le proteine. Hai approfondito la questione?


non ho approfondito la questione, ma la penso un po' diversamente: l'amilasi ha un effetto liquefacente perché trasforma parte degli amidi in zuccheri, quindi danneggia la struttura dell'impasto in modo diverso -ma comunque rilevante- rispetto alla proteasi, solo che l'attività dell'amilasi evidentemente è molto meno intensa nei grani di uso comune rispetto a quanto lo è nella segale, dove già dopo mezz'ora senti che l'impasto si scioglie.
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda giornalista.cuoco » 30 ott 2009, 13:02

nicodvb ha scritto:per la verità io finora ho osservato un comportamento diverso: è vero che dopo un po' di tempo l'impasto rilavorato riprende corda perché il glutine si riforma, ma se sono passate delle ore la coesione della massa è molto più debole, al punto che l'impasto perde consistenza, diventa molto più umido di prima e lo vedi sbrindellarsi sotto le tue mani (la superficie si lacera già dopo pochi minuti dalla fine dell'impasto). Insomma, il glutine perde resistenza.

Mmmmh, penso che sia quello che accade negli impasti lievitati, e sarà dovuto all'attività degli enzimi, che come sappiamo prescinde dalla lievitazione. Ma come dicevo il rimpasto dovrebbe compensare l'indebolimento della maglia glutinica. Se non è così (eppure alcune persone sgonfiano di proposito l'impasto per farlo lievitare da capo: questo non demolisce l'impalcatura?), non si può che dedurre che l'autolisi prolungata è inutile. Anche perché, se è sufficiente mezz'ora perché tutto l'impasto è stata interessato dal processo autolitico, tutto il tempo in più serve solo per fare compiere gli altri processi, che vengono espletati anche in presenza di lievito e altri ingredienti.

giornalista.cuoco ha scritto:non ho approfondito la questione, ma la penso un po' diversamente: l'amilasi ha un effetto liquefacente perché trasforma parte degli amidi in zuccheri, quindi danneggia la struttura dell'impasto in modo diverso -ma comunque rilevante- rispetto alla proteasi, solo che l'attività dell'amilasi evidentemente è molto meno intensa nei grani di uso comune rispetto a quanto lo è nella segale, dove già dopo mezz'ora senti che l'impasto si scioglie.

Non si parlava di segale (comunque mi chiedo come mai l'industria non ha pensato a isolare l'amilasi dalla segale al fine di evitare questo problema. Chissà da dove viene estratta l'amilasi aggiunta in alcune miscele di farine). In ogni caso l'effetto di amilasi e proteasi è solo apparentemente lo stesso: la prima, scindendo gli amidi, influisce sull'assorbenza; la seconda, scindendo il glutine, agisce direttamente sulla maglia glutinica.
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda nicodvb » 3 nov 2009, 12:55

Ed ecco qui il risultato di un'autolisi lunga e di un impasto per pane fatto con biga di 12 ore:
http://www.cookaround.com/yabbse1/showp ... count=9204

Immagine

L'impasto è molto simile a quello delle baguette.
Sarà bello, ma non sa assolutamente di niente. Me ne torno ai miei fermaporte di segale, saranno compatti ma sono incomparabilmente deliziosi.

PS
Per quanto riguarda l'estrazione dell'amilasi credo che la si faccia dall'orzo, di gran lunga più coltivato della segale.
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda Luciana_D » 3 nov 2009, 17:37

nicodvb ha scritto:Ed ecco qui il risultato di un'autolisi lunga e di un impasto per pane fatto con biga di 12 ore:
http://www.cookaround.com/yabbse1/showp ... count=9204

L'impasto è molto simile a quello delle baguette.
Sarà bello, ma non sa assolutamente di niente. Me ne torno ai miei fermaporte di segale, saranno compatti ma sono incomparabilmente deliziosi.

PS
Per quanto riguarda l'estrazione dell'amilasi credo che la si faccia dall'orzo, di gran lunga più coltivato della segale.

Non ho capito una cosa: hai fatto una biga da 12 ore,poi hai impastato e lasciato in autolisi un tot tempo?
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda nicodvb » 3 nov 2009, 17:40

Luciana_D ha scritto:
nicodvb ha scritto:Ed ecco qui il risultato di un'autolisi lunga e di un impasto per pane fatto con biga di 12 ore:
http://www.cookaround.com/yabbse1/showp ... count=9204

L'impasto è molto simile a quello delle baguette.
Sarà bello, ma non sa assolutamente di niente. Me ne torno ai miei fermaporte di segale, saranno compatti ma sono incomparabilmente deliziosi.

PS
Per quanto riguarda l'estrazione dell'amilasi credo che la si faccia dall'orzo, di gran lunga più coltivato della segale.

Non ho capito una cosa: hai fatto una biga da 12 ore,poi hai impastato e lasciato in autolisi un tot tempo?


no, ho fatto l'autolisi di 12 ore: l'ho preparata allo stesso tempo della biga in un altro contenitore.
Non so se ho la bocca "lessata" dal pane di segale, ma "non sento niente" :lol:
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda Luciana_D » 3 nov 2009, 17:44

nicodvb ha scritto:
Luciana_D ha scritto:
nicodvb ha scritto:Ed ecco qui il risultato di un'autolisi lunga e di un impasto per pane fatto con biga di 12 ore:
http://www.cookaround.com/yabbse1/showp ... count=9204

L'impasto è molto simile a quello delle baguette.
Sarà bello, ma non sa assolutamente di niente. Me ne torno ai miei fermaporte di segale, saranno compatti ma sono incomparabilmente deliziosi.

PS
Per quanto riguarda l'estrazione dell'amilasi credo che la si faccia dall'orzo, di gran lunga più coltivato della segale.

Non ho capito una cosa: hai fatto una biga da 12 ore,poi hai impastato e lasciato in autolisi un tot tempo?


no, ho fatto l'autolisi di 12 ore: l'ho preparata allo stesso tempo della biga in un altro contenitore.
Non so se ho la bocca "lessata" dal pane di segale, ma "non sento niente" :lol:


Lo credo anche io che ormai a te il pane bianco non piace :lol:
Il pane e' bello ...... ma non si riesce ad ottenerlo lo stesso senza questa procedura frazionata e lunga ?
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda nicodvb » 3 nov 2009, 17:55

Luciana_D ha scritto:
nicodvb ha scritto:
Luciana_D ha scritto:
nicodvb ha scritto:Ed ecco qui il risultato di un'autolisi lunga e di un impasto per pane fatto con biga di 12 ore:
http://www.cookaround.com/yabbse1/showp ... count=9204

L'impasto è molto simile a quello delle baguette.
Sarà bello, ma non sa assolutamente di niente. Me ne torno ai miei fermaporte di segale, saranno compatti ma sono incomparabilmente deliziosi.

PS
Per quanto riguarda l'estrazione dell'amilasi credo che la si faccia dall'orzo, di gran lunga più coltivato della segale.

Non ho capito una cosa: hai fatto una biga da 12 ore,poi hai impastato e lasciato in autolisi un tot tempo?


no, ho fatto l'autolisi di 12 ore: l'ho preparata allo stesso tempo della biga in un altro contenitore.
Non so se ho la bocca "lessata" dal pane di segale, ma "non sento niente" :lol:


Lo credo anche io che ormai a te il pane bianco non piace :lol:
Il pane e' bello ...... ma non si riesce ad ottenerlo lo stesso senza questa procedura frazionata e lunga ?


puoi tranquillamente saltare il frigo, quindi fare
-biga e autolisi di 12 ore
-impasto finale che crescerà circa in 5-8 ore in funzione della temperatura.
Non sto a ripeterti che più la lievitazione è lenta (meglio intorno ai 20 gradi) migliore sarà il pane perché lo sai già e dovrai far combaciare i tuoi e i suoi orari.

PS il pane bianco non mi è mai piaciuto, ma fino a 2 anni fa non sapevo neanche che esistesse dell'altro pane (pensavo che il grano fosse una pianta della famiglia delle graminacee o segale :lol: ) quindi avevo smesso completamente di mangiarlo. In Abruzzo era "solo" pessimo, a Bologna è semplicemente osceno.
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Re: Ha senso l'autolisi prolungata?

Messaggioda giornalista.cuoco » 3 nov 2009, 22:57

nicodvb ha scritto:L'impasto è molto simile a quello delle baguette.

In effetti si avvicina molto di più al concetto di baguette che avevo io prima di scoprire quella di Salvatore (tatino).

nicodvb ha scritto:Per quanto riguarda l'estrazione dell'amilasi credo che la si faccia dall'orzo, di gran lunga più coltivato della segale.

Intendevo dire che se la segale ha un eccesso di amilasi potrebbero estrarvela e commercializzarla senza.

nicodvb ha scritto:(pensavo che il grano fosse una pianta della famiglia delle graminacee o segale :lol: )

Non ho capìto la battuta

nicodvb ha scritto: quindi avevo smesso completamente di mangiarlo. In Abruzzo era "solo" pessimo, a Bologna è semplicemente osceno.

Il pane emiliano è peggio che osceno (con tutto il rispetto che ho per quella gente, ritengo che la cucina in generale non sia arte loro). Non conosco i pani abruzzesi ma mi viene difficile immaginare che siano così cattivi; può essere che gli Abruzzi, pur facendo parte delle Due Sicilie, abbiano subìto gli influssi malefici degli stati esteri confinanti? Mmmmh, mi sembra proprio strano. Anche perché quello abruzzese era un contesto a economia rurale, e si sa che nelle tradizioni rurali i prodotti sono poveri ma saporiti. Sarà che la tradizione si è persa col tempo? D'altronde anche qui ad Afragola, pur essendo il pane tradizionale molto grezzo, è oramai difficile trovarlo veramente integrale; solitamente o è bianco (tipo 0) o misto (tipo 0 + crusca). Da qualche tempo mia madre ha preso l'abitudine di acquistarlo in un panificio vicino casa sua dove lo fanno proprio nero: è veramente squisito. Abbiamo assaggiato quello misto dello stesso laboratorio e in effetti sapeva di poco; non oso immaginare come sia quello bianco (ma forse in questo negozio quello che chiamano misto è tipo 0 o 1 e quello che chiamano bianco non è 00 ma addirittura 00: a quanto mi riferisce mia madre ‒ io non ci sono mai stato ‒ quello bianco è come la finestra del forum in cui sto scrivendo adesso). Ho notato che quelli bianchi più frequentemente hanno un retrogusto acido, del tipo che dovrebbe piacere a Cinzia :|
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Nelle prime forme di vita urbana dell’Homo sapiens, così come nei laboratori degli scienziati del XXI secolo, passando per le vivaci città rinascimentali, le nuove idee nascono sempre attraverso lo scambio di informazioni e il confronto fra individui.
È proprio questa circolazione “liquida” di conoscenza che permette di esplorare nuovi orizzonti e di creare innovazione. Quando si condivide una comune cultura civica con migliaia di altre persone, le buone idee tendono a riversarsi da una mente all'altra, ecco che si verifica Uno scambio di buone idee!

Steven Johnson - uno scambio di buone idee