Palatschinken, palacsinta, palacinka, placînta
Palacinche (Trieste, Gorizia, Istria), Palacinke croate, derivanti dalle Palatschinken austriache o forse ungheresi. Palacinche, nome che ha fatto un giro etimologico particolare. Dal latino "placenta", che vuol dire frittata, il nome è passato nel Medioevo in Romania, da lì, subendo deformazioni, in Ungheria, per infine tornate in Italia dopo ulteriori deformazioni passando per l'Austria (palatschinken).
Si chiamava "plakoùnta" in greco o "placenta" in latino. Diffusa in tutto il mondo allora conosciuto, la fama della "palacinca" si è conservata e rielaborata in Romania (placînta), Ungheria (palacsinta), ex Yugoslavia (palacinka) e in Austria (palatschinke).
La palacinca, crespella dolce, ma anche salata, sempre presente nei menu del Carso, del Collio e nelle vicine cucine slovena ed austriaca, è emblematica per la sua origine, che si perde nella notte dei tempi, e per la sua diffusione ed evoluzione. Le prime notizie certe su questo dolce ci giungono da lapidarie iscrizioni romane risalenti al III sec. a.C., all'epoca in cui l'eco della bontà di questo cibo raggiunse il Lazio in seguito alle campagne di guerra che portarono alla conquista dell'Illiria e della Grecia, dove con il nome plakoùnta - accusativo di plakoùs – si indicava una focaccia. La civiltà ellenica conosceva già, infatti, le proprietà nutritive di questa specialità, estremamente diffusa dalla penisola balcanica sino all'altopiano sarmatico, ovvero, in tutto quel mondo che noi oggi identifichiamo come abitato dalle popolazioni slave. Proprio qui pare esser nato questo semplice impasto di latte, uova, farina e grasso
animale (a cui oggi si sostituisce il burro) cotto su piastre roventi.
Un procedimento attraverso il quale le donne cuocevano in breve tempo una sorta di frittellone ovale da infarcire con miele e ripiegare in quattro parti. Conosciuta dalle popolazioni nomadi come il "cibo degli dei", è celebre la leggenda che vuole la palacinca come dono delle divinità ai popoli delle steppe per rinvigorire il corpo dei guerrieri nelle lotte contro le tribù rivali.
Ma l'assunzione prima delle battaglie non era l'unico utilizzo della palacinca. Le donne erano solite cucinarla ai propri mariti per le proprietà afrodisiache di questo alimento, ben note sin dall'antichità. Il vocabolo viene, quindi, ripreso dal latino placenta per indicare una focaccia dolce, tant’è che placentarius era il pasticcere. Il termine, oltre a rimanere anche nell’italiano antico, viene esportato nelle province dell’Impero romano ed entra a far parte della lingua romena, nella quale ancor oggi si chiama placînta, una sfogliata al formaggio o ai funghi, come alla zucca o alle mele. Fino alla prima guerra mondiale buona parte dell’attuale Romania fece parte del Regno d’Ungheria,
perciò nella cucina magiara si trova la palacsinta, una crêpe che si mangia ripiena con cioccolato o marmellata. Ma ne esistono anche di salate, ripiene di prosciutto, funghi, formaggio bianco ecc. Si deve
proprio agli ungheresi, i cui domini comprendevano anche regioni oggi in Slovacchia, in Austria, in Croazia e in Serbia, la diffusione nell’Impero degli Asburgo di molti piatti: il gulasch, la torta Dobosch, il rigoiancsi, la gibanica e le palacinche che assunsero la grafia palacinka nelle lingue slave e palatschinke in Austria.
Così la palacinca entra nella terminologia e nella cucina veneto-dalmatica, triestina e goriziana, come pure nel dialetto friulano di Buia, radicandosi nelle tradizioni culinarie nostrane. Nella vicina cucina slovena se ne trovano con il cioccolato, con la marmellata, con le noci, ripiene di riso o di tagliatelle, col formaggio e con la ricotta; in quella ungherese le palacsinta salate sono anche con il prosciutto e con i funghi, fra cui la famosa Hortobagy palacsinta.
Nelle regioni danubiane esiste persino il pasticcio di palcinche a strati con verdure e la torta di palacinche. Palacinca come minimo comun denominatore della vasta tradizione culinaria mitteleuropea, ma anche come antenata delle più moderne omelette, crêpe, panqueques, blinis, tortillas e crespelle.
In Croazia le palacinche sono quasi insipide poiché si fa molto conto della farcitura: usano cioccolato fondente o marmellata (prugne e albicocche le più frequenti) con annessa panna montata o gelato, il tutto cosparso di zucchero a velo e servito tiepido. Nella zona dell'Istria, ancora molto sotto la influenza austroungarica per quanto riguarda la cucina, ci possono trovare palacinche più corpose nella pasta e meno abbondanti nella farcitura, fino a raggiungere la palacinka austriaca.
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