da ettore » 10 ott 2010, 14:01
[quote="Sandra"]... che ne fareste delle sorbe,quando e come le raccogliereste ?
Non ne so niente ed é pieno di fruttini!!![quote]
cara Sandra, forse ti piacerà leggere queste mie sciocchezze.
Le sorbe, i frutti del sorbo domestico (Sorbus domestica) quando c’era più miseria, specialmente in montagna, dove la pianta era frequente nei boschi, in inverno facevano parte degli alimenti della gente mentre oggi non vengono più consumati se non per curiosità e ammesso che siano ancora conosciute. I frutti vengono usati in erboristeria, soprattutto per il loro alto contenuto di vitamina C, e sono un ingrediente essenziale per l’idromele.
Immangiabili al momento della raccolta per l’altissimo contenuto di tannino, sostanza ferocemente astringente, occorre aspettare che si idrolizzi. I tannini sono dei glucosidi che nascono dalla reazione fra le funzioni alcoliche (-OH) del glucosio e i carbossili (-COOH) di certi acidi quali l’acido gallico. Nel tempo il tannino viene scisso nei componenti dei quali gli acidi si degradano durante la respirazione delle cellule ancora vive mentre il glucosio rimane a dare quel po’ di dolce in grado di far percepire. Il fenomeno si cerca di accelerarlo creando un’atmosfera “ferma” con la paglia, o fogli di giornale in alternatica, per imprigionare l’anidride carbonica ed impoverire l’ossigeno, stimolando la respirazione e indirizzandola al consumo degli acidi invece degli zuccheri.
E’ lo stesso fenomeno che si fa avvenire nei caki, nelle nespole, nelle mele cotogne con le quali era uso profumare le stanze “dimenticandole” sugli armadi o sulle credenze.
“Col tempo e con la paglia maturano le nespole” - si diceva – per esaltare la virtù della pazienza.
Delle sorbe, frutti aspri, parla Dante contrapponendole ai fichi, dolci di natura.
… ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
si disconvien fruttare al dolce fico. (Inferno, XV, 65-65)
Ma prima di lui, più prosaicamente e su base “tecnica” tratta le sorbe Columella (Res rustica, XII, 4-5) che propone:
… sorba manu lecta curiose in urceolos picattos adicto, et opercula picata inponito et gypso linito; tum, scrobibus bipedaneis sicco loco intra tectum factis, urceolos ita collocato, ut oblita ora eorum deorsum spectent; deinde terram congerito et modice supercalcato. Melius est autem pluribus scribibus pauciora vasa distantia inter se disponere: nam in exemptione eorum, dum unum tollis, si reliquia commoveris, celiter sorba vitiantur.
Quidam hoc idem pomum in passo, quidam etiam in defruto commode servant, adiecto spissamento spissi faenicoli, quo deprimantur ita sorba, ut semper ius supernantet; ac nihilominus picata opercula diligenter gypso linunt, ne possit spiritus introire.
Malamente, traduco in:
… raccogli a mano e con diligenza le sorbe e mettile in piccoli orci spalmati di pece; chiudili con coperchi pure impeciati e sigillali col gesso; scava poi dentro casa, in un luogo asciutto, delle fosse di due piedi (60-65 cm) e disponivi gli orcioli in modo che la bocca, chiusa col gesso, sia a testa in giù. Ammucchia sopra la terra e comprimila un po’.
E’ meglio però fare parecchie fossette e metterci pochi vasi per ciascuna e a una certa distanza l’uno dall’altro (perché) al momento in cui se ne toglie uno, le sorbe vanno a male rapidamente quando si scuotono gli orcioli.
Altri conservano molto bene questo frutto nel vino passito o nel vino cotto, aggiungendovi un tappo di finocchio dal quale le sorbe siano tenute sul fondo in maniera che sopra ci sia sempre una certa quantità di liquido. Ciò, nondimeno, poi, sigillano bene bene i coperchi impeciati con il gesso in modo che non penetri aria.
Piante di specie simili, della stessa famiglia delle Rosacee, sono il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia), il ciavardello (Sorbus torminalis) e il sorbo montano o farinaccio (Sorbus aria).
La prima, purtroppo troppo poco diffusa, sarebbe adatta singola o per alberature, come ornamentale per la bellezza dei frutti che, molto ricercati da tordi e merli, era piantata in luoghi adatti alla caccia che ne spiega il nome. Volendo ci si possono fare marmellate, sciroppi e, oggi, un liquore apprezzato, ma da pochi conoscitori.
Il secondo, che ha fiori bianchi cercati dalle api, fornisce un legno molto pregiato per la tornitura, l’intaglio e, attualmente, l’impiallaggio. Ci si fanno certi strumenti musicali come i flauti, i clarinetti o parti dei pianoforti. Per curiosità, prima della plastica, grazie alla indeformabilità del legno, si facevano le righe e le squadre per disegnare.
Il terzo, pianta di modeste dimensioni, dà frutti commestibili coi quali, nelle frequenti carestia, si usava la polpa farinosa anche per mescolarla all’impasto del pane.
Oggi è utilizzato per alberature dato che è bello per il colore delle foglie quando spuntano in primavera o stanno pr cadere in autunno.
ettore