da ettore » 29 mag 2009, 15:26
cara Cinzia, la "cosa" è complessa. cerco di darti qualche dritta elementare, rimanendo a disposizione per quel che posso.
Come avrai capito, il problema si muove all’interno di un guazzabuglio di opzioni, confusioni, idee poco chiare e risposte tutt’uso (tipo: “dipende !...”), guazzabuglio nel quale molti “esperti” autonominati e autolodati, molto spesso, fanno passare l’autocredenzialità per verità universale.
Uno per tutti Luca Maroni che un bel giorno ha “scoperto” l’olio e ha preso a pubblicare libri e a pontificare nelle diverse trasmissioni TV dove, a qualunque ora del giorno o della notte, "zappiccando" un po', si imbatte in qualcuno che mescola nei tegami.
Credo siano poche le “verità” nel campo dell’olio in cucina e in gastronomia.
Intanto, l’olio:
1) è un ingrediente, non un “alimento” (nel senso che non si mangia o non si beve come tale, come accade per il vino);
2) ha la capicità di esaltare un piatto o “distruggerlo” (pensa a un’aragosta da 70 euro massacrata con 50 centesimi di un olio fruttato intenso, decisamente amaro e piccante, magari sicuramente buono come tale);
3) è un prodotto di caratteri organolettici mutevoli nel tempo: è l’unico che non migliora invecchiando. Il massimo delle sue caratteristiche sono quando l’olio è ancora nell’oliva e l’oliva è attaccata all’albero. Ogni cosa si faccia, dal momento della raccolta dei frutti al momento di versare l’olio sull’insalata, ogni cosa che sia stata fatta ha sottratto qualità positive e ne ha aggiunto di negative.
4) quelli che in commercio, generalmente sono dei blend costruiti con arte, mescolando oli acquistati in varie parti del mondo (dove costa meno, in pratica!) e venduti dove si guadagna di più dalle “case” più note, ormai multinazionali dell’olio e altro (tipo Kraft, Nestlè, Unilever, ecc.), nonostante i nomi siano di ditte italiane “storiche” (Carapelli, Costa, ecc.) che le hanno acquistate mirando a coservare il nome;
5) non parliamo delle olio-acetiere ancora presenti (anche se fuori legge) su non poche tavole di certi cosiddetti ristoranti;
Anche i monocultivar italiani, in Italia si contano circa 700 varietà di olivo e la pianta è diffusa in tutte le Regioni esclusa la val d’Aosta. I prodotti sono quindi soggetti a una grande variabilità nei caratteri e sono organoletticamente diversi in funzione del clima, della latitudine (in Sicilia o in Friuli Venezia Giulia), della quota altimetrica (dal livello del mare a 5-700 msl), dall’epoca di raccolta, dalla tecnologia di estrazione, ecc.
Per sintetizzare al minimo, ti propongo una brevissima rassegna, tutt’altro che esaustiva, tenendo presente che, da qualche anno a questa parte, gli olivicoltori anticipano la raccolta delle olive per avere oli più fruttati, quindi in genere anche amari e piccanti.
Ormai s'è capito che, col tempo, l’olio tende a perdere i caratteri decisi dovuti alla componente dei fenoli (antiossidanti) che si consumano sacrificandosi nel contrastare i radicali liberi deputati al fenomeno di irrancidimento dei grassi, olio compreso, quindi.
Ecco allora:
I. Oli a fruttato leggero, con note di mandorla, (tipo monocultivar “Taggiasca” ligure, “Olivastra” di Seggiano, della Toscana, ecc., “Arbequina”, certi “Moraiolo”, “Leccino”, ecc.), che danno il meglio su piatti semplici e poco complessi.
II. Oli a fruttato medio o medio-intenso con sentori secondari leggeri-medio di carciofo, pomodoro, "erba", da scegliere per piatti di una certa struttura. Di questa tipologia esistono moltissimi oli, sempre monocultuvar, fra cui "Frantoio" e "Moraiolo" del centro-Italia, o “Casaliva” del Garda, “Ogliarola” pugliese-salentina, “Biancolilla” siciliana”, certi “Leccino” e altri.
III. Oli a fruttato intenso, con spiccate note di amaro e di piccante, più frequenti nel meridione ("Tonda Iblea", siciliana, "Bosana", sarda, "Coratina", pugliese, e altri) ideali per preparazioni succulente, complesse.
In cucina-gastronomia, lo scopo è quello di completare le sensazioni nell’accoppiata “piatto-olio” pertanto, per quanto riguarda gli oli è necessario essere allenati al loro assaggio e alla valutazione organolettica, in grado di "dividerli" in oli a …:
a) Fruttato intenso, con sentori di carciofo e/o pomodoro, in genere amari e piccanti decisi;
b) Fruttato medio-intensi, con note erbacee e/o di foglia, “verdi-vegetali”, in genere mediamente amari e piccanti;
c) Fruttato medio, leggermente amari e piccanti, con sentore di mandorla e minori ricordi di foglia, erba, carciofo e/o pomodoro;
d) Fruttato leggero, dolci, con lievi note secondarie e assenza o vaghi accenni all'amaro e/o al piccante;
Altrettanto necessario è quindi esser in grado di “analizzare” il cibo nelle sue caratteristiche elementari: amaro, dolce,salato, acido, “unami” e, inoltre, considerare speziatura, aromaticità, grassezza, succulenza, “agrodolce”, piccante infine intensità, persistenza, ecc.
Ti accenno alcune proposte (+, per abbinamento buono), (=, poco significante), (-, inadatto)
a) (+)pasta e fagioli, (+)arrosto di carni bianche, (+)carni alla griglia, (=)grigliata di pesce, (-)crostacei o pesci bolliti, (-)pasta col sugo di pesce, ....
b) (+)pasta e fagioli, (+)arrosto di carni bianche, (+)carni alla griglia, (+)grigliata di pesce, (-)crostacei o pesci bolliti, (-)pasta col sugo di pesce, ....
c) (+)crostacei o pesci bolliti, (+)pasta col sugo di pesce, (=)grigliata di pesce, (-)pasta e fagioli, (-)arrosto di carni bianche, (-)carni alla griglia, ....
d) (+)crostacei o pesci bolliti, (+)pasta col sugo di pesce, (-)pasta e fagioli, (-)arrosto di carni bianche, (-)carni alla griglia, (-)grigliata di pesce, ....
Tenendo presente che, anche se comunque la valutazuione organolettica dell'insieme è soggettiva, alcune "regole" si possono prendere come base ma valutare ogni volta i caratteri dell'olio prima di attingere alla prima bottiglia a tiro anche se l'etichetta dichiara "fruttato intenso o fruttato leggero".
Spero la cosa ti sia stata gradita.
ettore