da ettore » 8 apr 2016, 11:27
Cara Cinzia, sacrificando un po' di sonno, ecco qua.
Dalla polpa dei frutti soprattutto della palma Elaeis guineensis, ma anche delle Elaeis oleifera e Attalea maripa si ricava il famoso “olio di palma” (65 milioni di tonnellate nel 2015, tanto per avere un’idea) che oggi significa il 30-35% dei grassi prodotti al mondo.
A parte il pochissimo utilizzo degli indigeni in loco sono stati alcuni mercanti inglesi che dalla fine del ‘700 presero ad importarlo e commercializzarlo come lubrificante per ungere i telai meccanici e le altre macchine introdotte con la rivoluzione industriale. Accanto a quello, a partire dagli anni ’80 dell’800,quel grasso divenne la materia prima per produrre sapone (il sunlight, in Inghilterra) e il “palma olive” negli USA.
Oggi, versatile e di basso costo, se ne fa grande uso, soprattutto e tal quale, combustibile per le grandi navi, per produrre biodiesel per autotrazione, ma serve anche nel preparare prodotti alimentari, saponi, prodotti per la cura della persona, polveri detergenti, ecc. La grande (crescente) richiesta si traduce nella distruzione di habitat naturali (foreste, sottoboschi, fauna, ecc.) per impiantare vastissimi palmeti stravolgendo territori o paesaggi ma, quel che fa pensare, con scarso guadagno di chi coltiva.
Per darti un’idea, dal punto di vista sia industriale del biodiesel che alimentare, l’olio di palma sta soppiantando l’olio di soia grandemente utilizzato fino a qualche anno fa. Fra l’altro sorge il problema di dove buttare, il “soia”. Come saprai, questo olio è un sottoprodotto dell’industria mangimistica zootecnica. La farina di soia, ricchissima di proteine e di amidi (35% di proteine, 30% amido), si usa per ingrassare i vitelloni i quali, però, rifiutano la farina “grassa” (contiene il 35% di grasso). Bisogna separarlo, allora, sfarinato a bagno in benzina (che scioglie in grasso), evaporazione della benzina, separazione dell’olio “di soia” che da qualche parte bisogna pur buttarlo. Allora s’è pensato di fare l’olio di soia per gli … umani!
E va bene. Ma torniamo al palma che è trattato in Italia dalla UNIGRA, un grande impianto industriale che base a Ravenna dove raffina e commercializza i vari prodotti derivati.
I frutti delle palme si raccolgono ma, siccome sono molto facilmente deperibili, vengono subito sterilizzati col vapore per bloccare le fermentazioni quindi si macinano delicatamente senza rompere il nocciolo (la mandorla contiene anch’essa un olio, il “palmisto”, che ha caratteri diversi e simile all’olio “di cocco”).
La poltiglia dei frutti, ricavata dal lavoro di certi “mulini”, prende due strade:
Una prevede l’impiego dell’acetone (quello dello smalto delle unghie) che scioglie il grasso formando una miscela dalla quale si separa il grasso evaporando l’acetone - che si ricicla, ovviamente – ed ha il vantaggio d’essere basso-bollente quindi richiede poco calore per evaporare.
Oppure si impiega la temperatura scaldando la poltiglia scaricata dai mulini “cuocendola” in acqua calda che, fluidifica il grasso e lo rende scorrevole quindi, passando la massa di poltiglia alle presse, si raccoglie un liquido di colore rossastro. Il colore si deve alla elevata presenza di sostanze varie fra cui, soprattutto, il beta-carotene oltre ad altre sostanze quali i tocoferoli, i trienoli ed altri ad azione antiossidante.
Una volta ottenuto, a temperatura ambiente questo liquido si solidifica assumendo – per avere un’idea - la consistenza del burro ancora non fluido quando si inizia a scaldarlo. Ha un tipico odore di violetta mentre il suo sapore è dolciastro. Già così (200-300 €/tonnellata; il prezzo risente molto dalle oscillazioni del petrolio ) è pronto per i serbatoi delle navi dove viene fluidificato scaldandolo e mandato direttamente nei cilindri dei grandi motori.
Altrimenti adesso inizia il processo di raffinazione con la “bollitura” che consiste nel riscaldare la massa a 120-130 °C senza danneggiare il grasso solido o semi-solido e distruggendo i carotinoidi (perché sono termolabili). Sempre a caldo, l massa è sottoposta a rettificazione per ridurre l’acidità libera generata dalla idrolisi dei gliceridi (si mescola, a caldo, la soda caustica che forma saponi che, separati per filtrazione, lasciano il grasso disacidato); si continua con la deodorazione ponendo la massa disacidata in una autoclave dove si fa gorgogliare vapore d’acqua surriscaldato separandolo sottovuoto con gli odori che ha incorporato. La decolorazione, come ho detto, è automatica. Si prosegue con una filtrazione, o trattamenti simili, per togliere le mucillagini che renderebbero opalescente la parte liquida che rappresenterà il 40-45% dell’insieme.
Ora si devono separare la parte che è liquida a temperatura ambiente da quella solida. In pratica, sfruttando la temperatura, si fraziona la massa nelle due fasi (solida e liquida). Si scalda tutto fino a perfetta fusione quindi si aspetta che si raffreddi (in modo lentissimo) consentendo di separare la fase solida (“congela” sopra i 40-45°C) e rappresentata dalle cosiddette “stearine”, - l’elais guineensis butter- da quella liquida, che galleggia, ed è rappresentata da quelle che sono chiamate le “oleine”.
L’una o l’altra della loro solido/liquidità. funzione della temperatura e dei grassi saturi/insaturi, trovano vari impieghi come ingredienti di molti cibi lavorati specialmente preparati dall'industria alimentare, ad esempio, nella “nutella”,ì e simili, nella pasticceria da forno industriale o artigianale, nelle “creme” spalmabili di certi pasticcini, nei kinderini, le “fieste”, i “buondì”, ecc. Oltre che olio alimentare, serve a farne margarina dato che è uno dei pochi oli vegetali con un contenuto alto di grassi saturi che danno l’aspetto semi-solido a temperatura ambiente. E’ ideale per preparati che devono rimanere morbidi senza irrancidire (panettoni, colombe, ecc). Il valore di questi materiali (escluse confezione, pubblicità, distribuzione ecc.) costa all’origine 70-75 centesimi di euro al kilo.
Le frazioni ad alto punto di fusione, sono indirizzate all’industria della cosmesi dove l'olio e il grasso di palma, ed i suoi derivati, hanno un ruolo importante per la produzione di saponi, tensioattivi ed emollienti, ecc.
Come tale, l’olio viene venduto nei negozi-mercatini del commercio cosiddetto equo-solidale, ma soprattutto, escluso quello che finisce alle industrie alimentari, trova sbocco nei campi della ristorazione collettiva, nella friggitoria “spicciola” (grande uso ne fanno le grandi aziende friggitrici: patatine, ecc.), rosticceria, ecc.
Dal punto di vista chimico, la composizione è rappresentata gliceridi cioè esteri nati dalla reazione fra acidi grassi e la glicerina né più né meno di qualunque normalissimo trigliceride. Il problema (o il vantaggio, dipende chi lo guarda) contiene un'alta quantità di acidi grassi saturi per circa il 50% fra cui, suo principale componente, l’acido palmitico (ça va sans dire) saturo con 16 atomi di carbonio oltre ad altri acidi grassi fra cui anche l’acido oleico, 18 atomi di carbonio e monoinsaturo.
Grezzo, fra gli altri poco presenti o in tracce, l’ac.palmitico è il 40-48%; l’ac. stearico è 6-8%; l’ac. oleico è il 35-45%; il linoleico (ω6) è il 10-12; il linolenico (ω3) è lo 0,5-1%.
Quello bi-frazionato cioè l’olio che si usa in campo alimentare la composizione cambia in:
L’ac.palmitico si riduce al 30-40%; l’ac. stearico scende a 3-4%; l’ac. oleico sale a 43-48%; il linoleico (ω6) rimane quasi uguale (9-11; il linolenico (ω3) sale a 1-2%.
Tutto il sistema è oggi sotto attacco in una guerra commerciale fra le industrie che decantano (vedi le pagine di pubblicità sui quotidiani nazionali) le meraviglie di questo olio, e altre che, con gli oli tradizionalmente usati, non riescono a tenere il passo della concorrenza e vedono sfumare mercati e utili.
Fa male ? non fa male ? le due “scuole”, più che riferirsi ai contenuti lanciano messaggi pro e contro sostenuti da “luminari” che spesso, a seconda di quanto ‘tirano su’ dicono tutto e il contrario.
Molte aziende hanno cominciato a scrivere in etichetta “Non contiene olio di palma”. Magari usano qualcosa di peggio, ma tanta è la paura (o la calunnia) diffusa dai detrattori.
Non avendo personalmente nessun interesse, sinceramente devo dire che l’olio di palma non ha niente di più o meno di qualsiasi altro grasso. Bisogna tener presente che è molto ricco di acidi grassi saturi (il rapporto di questi con quelli insaturi è vicino al 50%, con tutto qual che segue) quindi regolarsi nel consumo e nella scelta dei prodotti.
… e scusa la lunga bigiolica ma sai che, quando comincio, non finisco mai.
ettore