da giornalista.cuoco » 31 ago 2009, 16:54
Non è assolutamente così. La legge italiana per il grano tenero (Triticum æstivum o vulgare) distingue tra farina (con differenti abburattamenti) e granito, mentre per quanto riguarda il grano duro (Triticum durum o turgidum) distingue, a seconda della granulometria, tra semola (che può essere anche integrale, ovvero ricavata dall'intera cariosside, liberata dalle sostanze estranee e dalle impurità) e semolato.
La semola e il semolato possono essere grossi (quando non hanno ulteriori specificazioni) e rimacinati; la rimacina serve per ridurre la granulometria e agevolarne dunque l'uso in panificazione e in generale nelle preparazioni domestiche e artigianali (non è ammesso l'uso di semola e semolato rimacinati nella produzione industriale di paste alimentari). Infatti non avendo gli spigoli vivi assorbe più rapidamente le uova e i liquidi.
La normativa consente altresì di commercializzare con la locuzione «farina di grano duro» lo sfarinato non granulare ottenuto da tale cereale. L'impalpabilità può essere ottenuta o mediante successive rimacine oppure raccogliendo scarti di lavorazione.
Il semolino è invece, in realtà, una specie di polenta che si prepara con la semola di grano duro, anche se alcuni vocabolari commettono l'errore di definirlo come un sottoprodotto della lavorazione del grano duro...
Tanto premesso, è possibile trovare farine di grano duro con la denominazione di semola rimacinata, ma non è possibile trovare prodotti commercializzati come farine che in realtà sono semole rimacinate (perché la parola "semola" è relativa a sfarinati granulari; inoltre è indice di maggior qualità, e un produttore sarebbe fesso se chiamasse qualcosa di qualitativamente superiore con un nome che indica una qualità inferiore!).
Nella mia esperienza ho notato che solitamente le farine di grano duro non sono particolarmente adatte per la panificazione in quanto, anche a parità di proteine, risultano sempre più deboli. Addirittura un distributore mi ha comunicato che l'indice di panificabilità relativo alla sua farina di grano duro espresso con il coefficiente W è pari a 140, con P/L 1.2, valori impensabili per un grano duro (i grani duri sono mediamente più forti e più tenaci dei grani teneri). Evidentemente i processi a cui sono sottoposti i grani duri per essere trasformati in farina denaturano notevolmente le proteine che combinandosi costituiscono il glutine, e probabilmente degradano anche altre sostanze. Infatti, nonostante le farine di grano duro abbiano una maggior quantità di ceneri (e dunque fibre) e anche una percentuale minima di proteine prevista dalla legge più elevata di un punto rispetto alla semola grossa, assorbono meno.
Francesco