e in un’era dove tutto e’ raggiungibile, tutto e’ disponibile e le culture si “inquinano” piacevolmente a vicenda permettendo a me di usare un ola’ per salutare o a uno chef i vari pepi di differente origine, arricchendo i propri piatti di nuove sfumature e non certo rovinandoli, dove inizia la linea di demarcazione?
cosa e’, in realta’, tradizione?
Pensiamoci un attimo...
noi consideriamo "tradizione" un tot di ricette, effettivamente contaminate da cibi, che oggi sarebbero considerati esotici (pomodoro, patata, cacao, volendo pepe e altre spezie/aromi, giusto per citarne qualcuno di uso comune): pensiamo per un attimo a quando sono arrivate nelle tavole europee tutti questi alimenti "stranieri"... cosa avranno pensato i nostri avi? "ah tutte queste innovazioni! dove andremo a finire?!"
eppure cosa sarebbe stata la nostra cucina mediterranea senza il pomodoro?! senza i colori del sole? Oh my God! senza il cioccolato!!!! eppure e' stato introdotto quasi per ultimo (mi pare che faccia la comparsa nelle tavole europee dei ricchi, solo verso meta' del 700,quindi molto ma molto tardi rispetto agli altri alimenti).
Vi porto quest'esempio, perche', se dovessimo ragionare in questi termini, allora bisognerebbe considerare tradizione solo un cece cotto condito con un goccio di olio(e che sia toscano e che si controlli da quanto tempo esiste l'uliveto! senza contaminazioni di olive importate!)
Vogliamo forse arrivare al paradosso in questo modo?
Io, personalmente, ritengo che quello che, per noi oggi e' esterofilo, fra un paio di secoli sara' tradizione come la zucca (potrei morire se non l'avessero importata) o il peperoncino (mi piange il cuore al pensiero di non mangiarne). I carpacci? il pesce crudo? (dani non leggere


Quindi oggi chiedo a voi: cosa e' tradizione? fino a quando si puo' parlare di tradizione? a cosa ci portera' la contaminazione? vogliamo fare i talebani lucchesi che vietano il kebab oppure vogliamo accettare l'idea che meglio un sashimi che non una hamburger mcdonald's?