il caffè fa bene al fegato?

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il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda stroliga » 13 feb 2008, 10:24

Nella stanza del caffè vi posto questo link dove si parla degli effetti benefici del caffè sul fegato, un po' tecnico ma interessante :saluto:
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Licia
“Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto, ma da quelle che non avete fatto.
Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele.
Esplorate. Sognate. Scoprite.” (Mark Twain)

“Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non sarà sprecato: è quello il posto in cui devono stare.E adesso metteteci sotto le fondamenta.” David Thoreau
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda Marghe » 13 feb 2008, 11:35

Licia, in quel sito del link bisogna registrarsi per leggere l'articolo ?
Margherita
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda stroliga » 13 feb 2008, 11:50

Marghe ha scritto:Licia, in quel sito del link bisogna registrarsi per leggere l'articolo ?


in effetti :roll:

ecco l'articolo:
"28/09/07, 16:00, Novita a cura di Maria Grazia Polino Dirigente Medico Ospedaliero - Pavia (IRCCS Policlinico S.Matteo)

Caffè: effetti su funzione e malattie del Fegato


Il caffè è il prodotto alimentare più diffuso al mondo dopo l’olio. Milioni di persone giornalmente bevono caffè per il piacere di gustare il suo aroma, ma una tazza di caffè come interferisce sul loro stato di salute?
In questi anni numerosi studi hanno suggerito un potenziale incremento del rischio cardiovascolare correlato all’assunzione di caffè, ma con risultati controversi. La pubblicazione di report su caffè ed incremento dei fattori di rischio (pressione arteriosa, livelli elevati di colesterolo e omocisteina)i non è stata confermata da studi prospettici, e altre ricerche hanno dimostrato un effetto protettivo dell’assunzione di caffè su malattie diverse, dal diabete tipo 2 alla malattia di Parkinson. Numerosi ricercatori hanno focalizzato l’attenzione sulla correlazione esistente tra assunzione di caffè e malattie epatiche, analizzandone gli effetti benefici in un’ampio spettro di condizioni che va dalla semplice alterazione dei test biochimici, alla cirrosi epatica, fino alla potenziale interferenza nella genesi dell’epatocarcinoma (HCC).

Il problema della comprensione dei rapporti tra assunzione di caffè ed effetti sul fegato è stato oggetto di due recenti pubblicazioni. La prima uscita su AP&T (Alimentary, Pharmacology and Therapeutics) ii a cura di un gruppo di ricercatori canadesi della University of British Columbia di Vancouver e la seconda su Hepatologyiii coordinata da Francesca Bravi del Laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano.

Nella revisione canadese gli autori hanno cercato di formalizzare le conoscenze degli effetti del caffè su funzione e malattie epatiche. E’ stata riscontrata uniformità di dati a conferma della correlazione inversa con le gamma glutamil-transferasi (GGT) che è massim nei maschi forti bevitori di alcool (p<0.0001) per ridursi ai limiti della significatività negli astemi. I dati sulle transaminasi (AST/ALT) dimostrano, dopo categorizzazione dei soggetti per assunzione di caffè, una graduale riduzione dell’Odds Ratio (OR) di coloro che avevano un incremento delle AST/ALT da flogosi epatica. La riduzione, che arrivava fino al 40%, era correlata all’aumentato uso di caffè e indipendente da fattori di confondimento che includevano l’alcool, il fumo e l’indice di massa corporea. Si è riscontrata la stessa correlazione inversa per il rischio di cirrosi, in particolare per la cirrosi da alcool, con una riduzione progressiva del Rischio Relativo (RR= 0, 70 per 1 tazzina; RR= 0, 60 per 1-3 tazzine; RR= 0, 20 per ≥ 4 tazzine;). A differenza del caffè questo non era evidente per l’assunzione di caffeina con altre bevande (es. the verde, coca).

Molti lavori suggeriscono che il caffè inibisca l’aumento delle AST/ALT e che questo effetto epatoprotettivo possa tradursi in una riduzione del rischio e della mortalità per cirrosi epatica. La cirrosi rappresenta il maggior fattore di rischio per l’evoluzione verso un HCC con l’alcool e l’infezione da epatite B (HBV) e epatite C (HCV). Si comprende quindi perché la correlazione inversa tra caffè e cirrosi epatica abbia ispirato molti studi sull’effetto del caffè e rischio di HCC. La meta-analisi italiana fornisce una stima quantitativa di questa associazione. Sono stati identificati 10 studi per complessivi 2260 casi di HCC (6 studi caso-controllo e 4 studi di coorte). Rispetto ai non bevitori, ì bevitori di caffè avevano un RR = 0.54 (IC 95% 0.38-0.76) negli studi caso-controllo e un RR = 0.64 (IC 95% 0.56-0.74) negli studi di coorte con una media di RR = 0.59 (IC 95% 0.49-0.72) che considerava tutti gli studi con eterogenità significativa. I bevitori moderati di caffè presentavano una riduzione del rischio del 30% e del 55% nei forti bevitori (RR= 0, 70 e 0, 45 rispettivamente), con un aumento complessivo del RR= 0.77 (IC 95% 0.72-0.82) per 1 tazzina di caffè/die. La correlazione inversa tra consumo di caffè e rischio di HCC si conferma al di là del disegno degli studi e delle aree geografiche, variabili che depongono contro un ruolo rilevante di bias o fattori di confondimento. Nonostante l’uniformità delle evidenze disponibili, è tuttavia difficile per gli autori determinare delle causalità solo sulla base di studi osservazionali e al momento è solo possibile affermare che la relazione tra caffè e HCC è reale.

In conclusione è evidente che un consumo moderato di caffè può determinare numerosi effetti favorevoli per la salute. Non è semplice fornire una guida chiara sulle dosi di caffè richieste per ottenere questi effetti benefici perchè le concentrazioni di caffeina possono variare completamente da negozio a negozio o nello stesso giorno, nella stessa caffetteria. Inoltre il caffè è una miscela complessa di un vasto numero di composti chimici di cui non conosciamo ancora il responsabile degli effetti descritti sul fegato. Alla luce di questi interessanti studi rimane aperto alla discussione il loro significato nel contesto clinico ed è necessario l’apporto di ulteriori studi prospettici.

Bibliografia

Cadden ISH, Partovi N, Yoshida EM Review Article: Possible Beneficial Effects of Coffee on Liver Disease and Function Aliment Pharmacol Ther2007;26:1-8.
Bravi F et al Coffee Drinking and Hepatocellular Carcinoma Risk: A Meta-Analysis Hepatology 2007;46:430-5 "
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda blu52 » 14 feb 2008, 15:33

...è il contrario!
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda stroliga » 14 feb 2008, 16:35

blu52 ha scritto:...è il contrario!


cioè ? :|?
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda vanna » 14 feb 2008, 17:24

2 / 3 tazzine si possono bere tranquillamente!!!!! D:Do D:Do D:Do D:Do
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda blu52 » 15 feb 2008, 7:16

Lo appesantisce: chiedi a qualsiasi nutriziunista. Oltre che essere la droga più diffusa al mondo...
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda simon » 25 feb 2008, 21:06

blu52 ha scritto:Lo appesantisce: chiedi a qualsiasi nutriziunista. Oltre che essere la droga più diffusa al mondo...

Io adoro il caffè ma hanno ragione!! :mazza:
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Re: il caffè fa bene al fegato?

Messaggioda stroliga » 16 apr 2008, 9:10

sembra proprio che faccia bene, in quantità adeguate :P
copio e incollo perchè il link non funziona:
"La rivincita della tazzina, caffè miniera di antiossidanti
Milano, 15 apr. (Adnkronos Salute) - Caffè re della prevenzione a tavola. La bevanda più amata dagli italiani, la terza più consumata al mondo dopo l'acqua e il vino, è un'autentica miniera di sostanze antiossidanti 'nemiche' dei radicali liberi. Parola di esperti, infatti, "una porzione di caffè contiene più antiossidanti di vino rosso, tè verde, succo d'arancia, frutti rossi e blu, pomodoro, lattuga e cioccolato". E assunto in ogni sua forma - espresso, americano e 'deca' - anche solo "tre volte al giorno al mattino e dopo i pasti", il caffè promette un effetto scudo contro diabete di tipo 2, Parkinson e malattie del fegato". Non solo: "Potrebbe anche proteggere il cuore e le arterie", e grazie alla caffeina può migliorare memoria e apprendimento, 'schermando' il cervello dal decadimento cognitivo legato all'età.A decretare la rivincita della tazzina - vista spesso con sospetto per le proprietà eccitanti della caffeina, additata dall'opinione pubblica quale 'arma a doppio taglio' per il sistema nervoso - è un'ampia rassegna di studi scientifici analizzati e riproposti oggi a Milano dalla Nutrition Foundation of Italy (Nfi)-Centro studi dell'alimentazione. Presenti all'incontro, presieduto dal numero uno della Nfi, Rodolfo Paoletti, Francesco Visioli della Nfi e dell'Université Pierre et Marie Curie di Parigi; Augustin Scalbert, direttore del Laboratorio 'Micronutrients, metabolism and biological signatures' dell'Institut national de la recherche agronomique (Inra) francese, e Andrea Poli, direttore scientifico Nfi. "Parlando di caffè si pensa alla caffeina - spiega Visioli - ma la sua componente più abbondante sono i polifenoli, e in particolare gli acidi clorogenici, presenti esclusivamente in questa bevanda". Così "proprio dal caffè, consumato da milioni di persone in tutto il mondo - dice Poli - riparte la scommessa della medicina sulle virtù degli antiossidanti assunti con la dieta, dopo il fallimento dei trial clinci che hanno indagato i possibili effetti delle vitamine E e C, di beta-carotene e selenio", ricorda. "Si parla tanto delle doti antiossidanti di frutta e verdura, vino, soia e tè verde - continua Visioli - Ma non si sa che il caffè è la prima fonte di antiossidanti, per livelli di consumo e per concentrazione di polifenoli". Nei chicchi passati al vaglio prima della torrefazione, precisa Scalbert, "sono stati identificati a oggi 45 acidi clorogenici diversi". E se è vero che il contenuto cambia in base al tipo di caffè ("è del 28% circa più abbondante nella varietà Robusta che nell'Arabica"), e può ridursi "anche del 90%" con una torrefazione 'spinta', "possiamo dire che 100 millilitri di caffè contengono circa 250 milligrammi di acidi clorogenici", calcola l'esperto. Sostanze che, assorbite a livello di stomaco e intestino, entrano in circolo nel sangue ed esercitano la propria attività benefica sugli organi a diversi livelli. Una protezione certificata nero su bianco da numerosissimi studi presenti nella letteratura scientifica. Una ricerca olandese indica per esempio che consumare almeno 7 caffè al giorno dimezza la probabilità di ammalarsi di diabete di tipo 2. Un trial olandese conferma il dato, portandolo addirittura al 79% di riduzione del rischio diabete nelle donne che bevono 10 tazze di 'nero bollente' al dì. E un altro studio sul gentil sesso in post-menopausa suggerisce addirittura che il pericolo diabete cala ancora di più se il caffè è decaffeinato (-33% per 6 tazze al giorno, rispetto a -21% col caffè normale). "Sembra che gli antiossidanti del caffè inibiscano l'assorbimento del glucosio nell'intestino e aumentino il consumo energetico", sottolinea Visioli, che tranquillizza i fan della tazzina anche sugli indizi di un possibile link fra consumo di caffè e colesterolo alto: "Non è vero, per nessuna varietà", assicura. Come pure "non sono dimostrati i rischi di un consumo moderato di caffè nelle donne in gravidanza - aggiunge, riferendosi ai dati di una recente ricerca Usa sul tema - Attenzione soltanto in allattamento, perché la caffeina passa nella poppata". Oltre ai vantaggi nella prevenzione del diabete adulto, gli antiossidanti del caffè sembrano agire anche contro il Parkinson. Aiutati però dalla caffeina, secondo uno studio americano da cui emerge che questa sostanza protegge i neuroni dopaminergici 'bersaglio' del morbo. E ancora: è del 2007 uno studio secondo cui il declino cognitivo dimezza negli uomini anziani abituati a bere tre caffè al giorno, in linea con un precedente trial per il quale la caffeina sarebbe in grado di aumentare la frequenza delle onde cerebrali, potenziando memoria e apprendimento. Infine, un'altra ricerca evidenzia che ogni tazza di caffè bevuta al giorno abbatte del 22% il pericolo di cirrosi epatica. Ed esistono indagini anche sul cancro del fegato.In grani o macinato, robusta o arabica, normale o deca, il caffè sembra insomma far bene alla salute. E non solamente come 'tonico' al mattino o quando l'attenzione cala. "Consumato in dosi moderate e con costanza quotidiana - riassume Poli - ha dimostrato di essere un aiuto importante nella prevenzione di patologie metaboliche e neurodegenerative. Gli studi clinici, per questioni di natura statistica, analizzano gli effetti di consumi molto elevati", ammette. Ma "nella vita vera non serve, né bisogna esagerare", avverte l'esperto. "Bastano poche tazze per contrastare efficacemente i radicali liberi responsabili dell'invecchiamento". Con la speranza, un giorno, di poter battere 'a colpi di tazzina' anche "cancro, malattie cardiovascolari e demenza. La sfida futura è questa", conclude. "
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