
Ingredienti per 4 persone: 800 gr. di baccalà, 1 spicchio d’aglio, 1 ciuffo di prezzemolo, 500 gr. di patate, 1 cipolla media, ½ bicchiere d’olio evo, il succo di un limone, 2 uova sode, 20 gr. di pinoli, 50 gr. di olive nere taggiasche, sale e pepe.
Preparazione: Bollire il baccalà, le patate e la cipolla. Tritare il prezzemolo e l’aglio (al quale andrà prima tolta l’anima), aggiungendo l’olio e il succo del limone; mescolare tutto molto bene. Snocciolare le olive e tagliarle a pezzetti. Tostare leggermente i pinoli in un tegame. Scolare il baccalà e pestarlo grossolanamente in un mortaio; porlo in una zuppiera insieme alle patate e alla cipolla tagliate a fette. Versarvi sopra l’emulsione di olio, prezzemolo, limone e aglio aggiungendo le olive sminuzzate, le uova sode sminuzzate ed i pinoli tostati. Aggiustare di sale, se occorre, e pepe. Coprire la zuppiera con un coperchio, tenere ambedue ben fermi con le mani e scuotere energicamente per amalgamare bene gli ingredienti.
Servirlo tiepido accompagnandolo con del buon pigato.
buon appetito.
NOTE
1) Per baccalà comunemente s'intende il merluzzo conservato sotto sale poi dissalato in acqua corrente per alcuni giorni e poi cucinato; per stoccafisso s'intende il merluzzo essiccato e poi fatto rinvenire in acqua e quindi cucinato.
in veneto termini e significati vengono invertiti.
comunque, per preparare e gustare il "branda cujun" vanno bene sia uno che l'altro.
2)*) Piatto tipico del ponente ligure, Oneglia e Sanremo se ne disputano l’origine, dal nome a dir poco curioso e dalla derivazione incerta. Qualcuno dice branda cujon, qualcun altro brand de cujun, altri ancora brandà a cujun; ma mentre sul significato letterale di cujun sono tutti d’accordo, le dispute si accendono sul termine branda; qualcuno lo fa derivare dal provenzale brandar, brandesà in onegliese sbattere, perché appena cucinato e quindi bollente andava scosso manualmente fra due pentole di coccio col manico per amalgamarlo bene, e veniva affidata ad un commensale con l’ordine: “Branda cujun, che ciu ti u brandi ciu è bun” (Agitalo... stupidotto, che più lo agiti e più è buono). Alcuni vecchi naviganti sostengono, invece, che branda ha il significato di “schiaccia”; Gian Luigi Beccaria, celebre linguista, sostiene che branda potrebbe derivare dal termine piemontese brand, “acquavite”, assumendo in questo caso il più vasto significato di “scaldare”. Le ultime due tesi sono molto suggestive perché gli ingredienti di questo piatto, tipico della cucina di bordo, dovevano essere messi tutti in un mortaio per essere pestati; il mortaio andava posto tra le gambe per tenerlo fermo, perciò si pestava quello che c’era nel mortaio e anche quello che ci stava sotto, “scaldandolo”.